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ARTIGIANATO DESIGN AUTOPRODUZIONE
UGO LA PIETRA

Ho letto un piccolo preziosissimo libro poco prima di scrivere questo testo, si tratta di E il giardino creò l'uomo di Jorn de Précy scritto nel 1912. Poiché penso a Ugo La Pietra come ad un giardiniere che dissoda terreni disseccati restituendo loro humus e germogli - con pazienza, caparbietà, fatica e soddisfazione infinite e incontenibili - regalo al lettore qualche frase tratta dal libro che a mio parere non può che arricchire i nostri argomenti. Giardini e cose artigiane, fatte ad arte, sono associabili per il fare manuale che comportano: indissolubili da un pensiero umanista, da un'idea della crescita slegata dall'efficienza (quand'anche esista) del profitto e dell'esercizio del potere. Un'idea di mondo che accorpa risorse naturali e umane in un disegno informato dall'etica.

“Solo i giardini resistono al naufragio della modernità.” J. d. P.

Quando l'ADI, qualche mese fa, ha chiesto di segnalare professionisti adatti a ricevere il Compasso d'Oro alla carriera, ho proposto Ugo La Pietra: è il primo e principale artefice della valorizzazione e del rinnovamento in chiave contemporanea dell'artigianato italiano e delle risorse - creative, umane, sociali e ambientali - ad esso collegate. Dalla sua visione aperta e incondizionata e dalla sua opera instancabile (dagli anni Ottanta a oggi) e capillare (dal Nord al Sud del paese) sono nate manifestazioni fieristiche di respiro nazionale e internazionale (“Abitare il tempo”), attività editoriali, esperienze didattiche, mostre, archivi, osservatori, premi che hanno dato nome, forza e valore a centinaia fra vecchi e giovani artigiani, creativi, piccole e medie imprese. È soprattutto grazie a questo vero e proprio sommovimento, combinato con fenomeni strutturali importanti (crisi della produzione industriale, globalizzazione delle merci) che nascono esperienze di nuovo artigianato e che moltissimi giovani sposano autoproduzione e artigianato artistico come ambiti del loro lavoro individuando nuovi rapporti fra design e artigianato, cultura del fare e del progetto e creando forme originali di promozione e distribuzione. In poco più di trent'anni si è affermato un fenomeno di sviluppo e rinnovamento dell'artigianato e delle arti applicate di importanza primaria nel panorama della cultura e dell'economia italiana che rischiavano - per assenza di opportune iniziative da parte dello stato, degli enti locali e della formazione - di perdere il patrimonio prezioso dei nostri saper fare e di vedere le giovani generazioni allontanarsene per sempre.

 

“Quando si crea o si mantiene un giardino bisogna sempre fare atto di modestia. Il luogo ha origini lontane, più lontane delle nostre. Possiede una storia in cui abbiamo il dovere di entrare in punta di piedi. A parte questo, niente regole.” J. d. P.

Agli inizi degli anni Ottanta, La Pietra attua un ardito controcampo rispetto al protagonismo del design Made in Italy e della produzione industriale identificata come il solo fattore possibile di progresso e sviluppo economico e sociale. Guardando alla realtà produttiva del nostro paese, fa luce su un dato tanto vero quanto scomodo: il 70% della produzione di arredo italiana e in stile. Solo il 15% della produzione e il 20% del mercato interno scelgono il design. Guardando più da vicino il fenomeno, La Pietra vede e intuisce che intorno a questa grande massa di produzione, snobbata dall'universo della comunicazione, della cultura e della politica, vivono ancora centinaia di forme artigiane sapienti il più delle volte collegate a territori specifici. Su questi temi realizza nel 1985 per FederlegnoArredo il film Classico Contemporaneo. Nel 1986 nasce Abitare il tempo - Salone dell'arredo classico e contemporaneo con sede a Verona, di cui sarà art director e animatore fino al 1997. Nell'ambito della manifestazione si susseguono mostre indimenticate (“Progetti e Territori”, “La casa del desiderio”, “La casa neoeclettica”, “Camere con vista”, “Aspettando il 2000”…) che hanno a che fare con saperi, persone materiali, tradizioni, studi ed esperienze sperimentali e di ricerca; da ogni parte d’Italia giungono nuovi artigiani per raccontare il proprio lavoro, insieme a creativi che riprendono le tradizioni dei loro luoghi, ripensandole. Per la prima volta si tenta realisticamente di fare network tra artigiani, artisti, designer, architetti, piccole e medie aziende, enti territoriali, organizzazioni di categoria. Dalla fine degli anni Novanta ad oggi La Pietra si concentra puntualmente sulle iniziative nei territori: fra le più care c'è l’Osservatorio di Cultura Balneare di Cattolica, esperienza che si pone come indicatore di tematiche e strade possibili per aree culturali secondarie ma estese nel nostro paese, dove propone per fa prima volta l’ipotesi di un design territoriale. Da allora a oggi le tappe principali che segnano il percorso, indicatori di senso e orientamento, sono le attività editoriali con le riviste “Abitare con Arte” - che è anche il titolo di una serie di iniziative all'ex Chiesa di San Carpoforo a Milano - e “Artigianato fra arte e design”. E ancora: il “Primo osservatorio italiano sull'artigianato artistico” con la galleria Fatto ad Arte; i concorsi e le attività di studio con la Fondazione Aldo Morelato; l’Archivio Ugo La Pietra che raccoglie il suo lavoro e una preziosa raccolta di libri, riviste e cataloghi. Importante, e da riprendere, la creazione di un Dipartimento di Progettazione artistica per l'impresa (definizione ministeriale) presso l'Accademia di Brera a Milano; quale miglior modo di mettere in rapporto il fare progettuale con quello accademico che rileggere in chiave contemporanea le arti applicate? Questo propone La Pietra nel 2001 ad un cenacolo di docenti e a qualche decina di studenti nella fase sperimentale; la progettazione viene orientata verso l’autoproduzione, include l’artigianato artistico, coniuga il design. L'intera citta di Milano viene letta e vissuta come sistema di laboratori, unico al mondo, miniera di risorse per gli studenti. Questa ipotesi didattica viene sperimentata per alcuni anni, fino al 2006, quando nepotismi e miopie ridisegnano dentro l'Accademia l'ennesima scuola di design, portatrice di sapere generico e dunque di illusioni. Ma poiché narrare di Ugo La Pietra può diventare sconfinato ho cercato di trattenere solo quei contenuti che sono l’ossatura del suo lavoro e che, a mio parere, ne sono la linfa e la forza vitale; li ordino qui di seguito in piccoli paragrafi.

 

LA PIETRA DI UGO, UNO STERMINATO INCESSANTE OPERARE

“II lavoro del giardiniere non conosce interruzione.” J. d. P.

Vede territori diversi, ascolta bisogni e potenzialità e gli nasce dentro un incontenibile desiderio di dare voce a ciò che non può andare perduto. La sua e un'operosità insistente, costante; come quella di un detective, o di un contadino, come quella di un giardiniere o di un artigiano. “Fare fare fare” per contrastare la deriva dell'artigianato; con insistenza, perizia, alacrità, prodigalità. La sua scrittura progettuale, rapida e leggera, lo facilita e asseconda indagini, sperimentazioni, materiali e forme. La fatica è tanta, perché le azioni vogliono andare in profondità, pretendono di produrre realtà, spostamenti di percezioni e azioni concrete. Lavora con sofferenza e godimento allo stesso tempo; con ironia e poesia per trovare la chiave, per bloccare la malinconia per tutto quello che non succede (a nessuno può sfuggire la miopia della politica italiana nei confronti del patrimonio culturale e produttivo delle piccole e medie imprese). “La pietra di Ugo”: pietre da togliere per liberare spazio e pietre per costruire argini e percorsi comuni.

 

SOLO E IN CORO

“Con le nostre mani possiamo modificare il mondo se l’oggetto e il fare sono veicoli di cuore e spirito.” J. d. P.

II suo è un errare rabdomantico, alla ricerca di sorgenti e risorse. Cammina con passi d'artista, liberi da calcolo. E poi si ferma e chiama altri, coinvolge, offre occasioni, stimola. C'è una miriade di persone che a Ugo La Pietra deve molto. Opportunità di esprimersi. Accompagnato nei suoi itinerari da filosofi dell'essere del fare come Ugo Marano, per citarne uno a nome di tutti, crea un patrimonio comune, accessibile, tessuto di relazioni, archivi, osservatori, mostre, fiere di editoria, formazione, teorie. È insieme poeta solitario e orchestratore corale. Nel suo percorso il patrimonio personale, poetico, artistico e il patrimonio comune, socialmente utile, si fondono. Così quei mille, duemila eventi e ancora di più da lui organizzati hanno ormai coinvolto centinaia e forse migliaia di persone con ruoli diversi. E mai in modo episodico: i suoi interventi non sono spot, durano anni, sono minuziosi. Liberano energie e potenzialità. Gli oggetti che disegna e modella - siano essi credenza, vaso, albero o casetta - nascono con l’intenzione di ridare fiato a qualcosa che tende a sparire; riconsegnare parole a linguaggi una volta ricchi e oggi impoveriti; dare attenzione e futuro a imprese in crisi, creare o ricreare legami fra persone, risvegliare quei geni dei luoghi che servono a non perdere la direzione, spingere i giovani a prendere in mano il proprio destino, abitare un mondo dotato di senso, raccontare storie, ridare scopo a spazi inerti.

 

GENIUS LOCI ETERRITORI

“I Romani per parte loro erano convinti che ogni luogo fosse abitato da un genio, un genius loci. Divinità minore garante dell'identità del luogo stesso. Della sua singolarità […] così quando ci si doveva stabilire in un posto si doveva innanzitutto interrogare il genio.” J. d. P.

Nella grande sala che in mostra prende il nome di “Controcampo. Gli itinerari sommersi”, appaiono più di cento tra oggetti e arredi disegnati, decorati, modellati da La Pietra in collaborazione con i maestri artigiani. Sono stati selezionati venti territori tra tutti quelli in cui ha lavorato. Corrispondono a tante materie e tecniche diverse: dalla ceramica di Albissola, a quella di Caltagirone, dal mosaico di Spilimbergo all’alabastro di Volterra, dal bronzo del veronese alla pietra leccese, dal marmo di Carrara al vetro di Murano alla pietra di Lavagna... II consiglio è di passeggiare in questa distesa di oggetti, germinati in tante esperienze di intreccio fra artigiani, strumenti, tradizioni, materiali, come in un giardino, addomesticato quel che basta per lasciare che i numerosi genius loci evocati lo governino rendendolo vivo e vibrante. Non si può scomporre un giardino cosi, fatto di erbette e germogli, fiori grandi e piccoli, cespugli e alberi; ogni singolo elemento serve a creare il paesaggio così come si presenta. Un alfabeto di segni che racconta la ricchezza e il potenziale che l’artigianato italiano ancora ha in sé, tentacolari strumenti, variazioni materiche, tecniche sorprendenti. In quest'area gli oggetti sono un vibrante omaggio a questo patrimonio del nostro paese. Testimonianza di operosità di molti attori (qui gli artigiani hanno sempre nome e cognome), gesti fertili, prodigalità, piacere. Risultati di processi maieutici e dialoganti. Il suo è un progetto dolce. 

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