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ARTIGIANATO DESIGN AUTOPRODUZIONE
DILMOS

Di Dilmos a Milano ce n’ è uno solo, ma mi piacerebbe essere smentita. Dilmos nasce venti anni fa da Lucio Zotti e Lella Valtorta - a cui si associa nel 1995 Sergio Riva - con un’idea filosofica dell’abitare ed un’apertura sincera alle differenze: persone e cose.  Una sana ricerca condivisa con alcune fra gli attori più vivaci del periodo 80-90 costruisce le basi di una realtà che oggi è galleria, showroom, editore e distributore di piccole serie, ma anche di pezzi unici e di prodotti industriali. Dal 1995  Dilmos non esclude nessuno, né il design di grande serie, né il pezzo unico virtuoso dice Lella Valtorta. Negli ultimi dieci anni Dilmos ha assunto un ruolo di referente indispensabile per un gruppo nutrito e interessante di autoproduttori, da Alessandro Ciffo, a  Roberto Mora, Andrea Salvetti, Gianni Osgnach, Francesca Fabbri-Acomena, Kata Matoga, Marco Stefanini, Davide Medri  e ancora altri.

 

Quando avete individuato l’area degli autoproduttori?

L’autoproduzione sta in quello spazio “ né arte né design” che esploriamo fin dagli anni 80. Penso  alla grande mostra di  Danny  Lane nell’88, a Ron Arad, ma anche  a  Maurizio Cattelan che in quegli anni faceva, a suo modo, tavoli, lampade  e paraventi. Poi il fenomeno dell’autoproduzione si è esteso a molti giovani che sono finalmente  usciti dalle solitudini dei loro studi  e , in molti, sono venuti a mostrarci quello che facevano. L’autoproduzione è  diventata così  una delle realtà  più interessanti in Italia.

 

Quale è la loro formazione?

Nella maggior parte dei casi provengono dalle accademie d’arte; spesso reinterpretano la tradizione dei loro luoghi, dalla fusione dei metalli, al  mosaico, alla  ceramica e  altro ancora...  Alessandro Ciffo rappresenta un’eccezione interessante, non viene da una formazione scolastica di tipo artistico e si è dedicato al  silicone ed è proprio questa sua illimitata curiosità  per la materia che mi ha interessato

 

Quale evoluzione è avvenuta in questi dieci anni fra gli autoproduttori?

Sono più attenti ai particolari, più esperti delle materie. Erano un corpo acerbo adesso sono maturati, si sono ripuliti, armonizzati , hanno eliminato gli elementi superflui.  Quelli che hanno fatto riferimento a noi hanno trovato in Dilmos la possibilità di confrontare il loro lavoro:  vengono, ci fanno vedere l’oggetto, poi lo rivedono, ritornano e procedono, a volte è un processo che dura mesi.. l’ autoproduzione non è un “ brick e brack”.  Dilmos  ha dato loro l’opportunità  di confrontarsi con il mercato, di comunicare con la  stampa,  di aprirsi all’internazionalità e di vivere del loro lavoro. L’autoproduzione è diventata una vera nicchia economica e commerciale, se ci si crede ci si può vivere e questo è bene che i più giovani lo sappiano.

 

Che differenze o analogie fra autoproduttori e artigiani?

Nella maggioranza dei casi, l’artigiano esegue il progetto di altri, ha poca iniziativa, lavora sul sicuro, percorre una strada già battuta. Gli autoproduttori sono sperimentatori, prendono un  materiale e  lo esplorano a 360°,  inventano tecniche e strumenti. Sono veri ricercatori, e, da questo punto di vista, l’autoproduzione assume un valore più generale perché la  ricerca in questi anni in Italia non è stata sostenuta né dal pubblico né dal privato. Gli autoproduttori  pagano di tasca propria la ricerca, hanno creato una nicchia vitale, sperimentale. Come per i designers e gli artisti, stanno al passo con i tempi e si confrontano  con la contemporaneità, se non lo facessero rischierebbero di avere quattro  pezzi nello studio e di  venderli all’amico o al vicino di casa.

 

 

Perché di Dilmos ce ne è uno solo? Perché non si sono create altre realtà con funzioni analoghe?

Le persone si sono avvicinate  a noi perché hanno sentito che rispettavamo la loro ricerca, fossero autori affermati o sconosciuti, c’era spazio per l’ascolto e il confronto.

In un anno vediamo più di un centinaio di persone con i loro book e prototipi, se qualche cosa c’è li prendiamo per mano  e facciamo insieme il percorso. Vuole dire dedicare molto tempo, spazio energia. Forse non ci sono altri Dilmos, o ce ne sono troppo pochi, perché occorre dedizione e un’idea chiara del progetto, il nostro e quello di chi viene da noi;  vuole dire sapere riconoscere le potenzialità, vedere se un progetto è un episodio sporadico o la tappa di un percorso in evoluzione.. occorrono tenacia e direzione. So sulla mia pelle quanta forza ci vuole per portare avanti le proprie idee ed è per questa esperienza personale che ho voluto dare il massimo della dignità all’opera degli autoproduttori; loro devono essere fieri di essere quello che sono, di essere proprio questo tipo di progettista, non si devono sentire “meno” dei designer che lavorano per i grandi marchi.

Hanno in mano uno strumento bellissimo….

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