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Ugo La Pietra identifica  l’artigianato metropolitano con quegli artigiani che “operano fuori dalla tradizione  usando tecniche e lavorazioni inedite”. La definizione è utile a visualizzare un fenomeno di grande interesse e ampiezza che pur nelle differenti declinazioni  delle sue forme espressive e organizzative  è accomunato da alcune caratteristiche che permettono di  afferrarne il senso e il ruolo. La caratteristica  principale  dell'artigianato metropolitano a Milano e in Lombardia  è che vive in contiguità con il sistema del design  e con quello dell'arte  e che con questi dialoga o polemizza, si distingue o si assimila. Nel corso di questi ultimi anni la contaminazione fra mondi espressivi diversi ha dato humus, informazioni, opportunità  utili alla nascita di un  nuovo universo di oggetti, ambienti, operatività e servizi ricco di modi ed espressività che riguardano sia l'estetica dei manufatti che l'etica del processo e delle motivazioni. Una realtà, attivata e frequentata soprattutto dai giovani,  che sarebbe  interessante censire e documentare puntigliosamente per ricavarne spunti utili all'allargamento delle esperienze e alla loro valorizzazione, promozione  e qualificazione. 

Fra gli artigiani metropolitani qualcuno ha cominciato per caso, per divertimento o per necessità,  praticando una specie di artigianato totale che ha coinvolto modi di abitare, lavorare e socializzare. Altri, con formazione di tipo artistico, hanno voluto mettere al mondo la loro creatività spesso frustrata negli anni scolastici dalla mancanza di  laboratori  e manualità; sperimentando e cercando, hanno preso confidenza con il progetto, la sperimentazione e la realizzazione.

Oggi alcuni di loro, attraverso mostre e uscite in pubblico, hanno ottenuto visibilità sulle riviste che si occupano di progetto e di abitare e hanno trasformato l’occasionalità in forme stabili di impresa; altri  si sono spostati marcatamente nel circuito dell’arte e altri ancora percorrono quei circuiti del sociale dove la creatività è diventata mezzo di espressione e partecipazione.

E’ difficile dire  a quali territori geografici appartengono (centro o periferie? Milano o provincia? Sono o non sono lombardi?) perché  spesso questi  artigiani sono nomadi , impegnati a guidare la "flessibilità" - che sembra essere condizione inevitabile del lavoro giovanile - secondo propri criteri vitali. Qualcuno di loro abita a Milano ma ha trovato un lavoro in Toscana; altri sono andati ad  abitare a Barcellona ma ritornano qua periodicamente  per mostre e contatti; chi aveva un laboratorio in città  rischia di non avercelo più perché costa troppo; chi lavorava in  casa cerca di uscirne e condivide lo spazio di un negozio con altri e così via , la mappa è fluttuante e anche questo è un carattere forte dei tempi. Un  luogo consono che  accomuna parecchi di loro è la rete web dove in molti hanno siti per esporre e stare in relazione. La loro produzione è variegata: fanno oggetti ma anche installazioni, allestimenti o arredi su commissione; i territori a loro più congeniali dove trovano più facilmente  occasioni per esprimersi sono quelli segnati dalla trasversalità delle discipline e dei modi d’essere: dal design all’architettura, dal teatro alla musica, all’arte, alle performances, all’intrattenimento. Dalla città si riforniscono facilmente di materiali, scarti di produzione,  oggetti dismessi che poi  reinterpretano,  decostruiscono, riaggregano secondo rinnovate sinergie e trasformando i rifiuti in risorse. Una specie di nuovo umanesimo che trasforma in buono ciò che sarebbe cattivo se considerato solo ingombro, residuo scomodo.

Sono pionieri e promotori virtuosi di una progettazione ecosostenibile che in Italia stenta  (assai più che in altri paesi d'Europa) a svilupparsi a fianco dell'industria e dentro i circuiti canonici del design. I loro oggetti hanno spesso valore simbolico  e portano in sé l'invito a  consumare in modo più responsabile, a dare nuove ragioni d'essere a ciò che sembra destinato all'oblio. Qualcuno preferisce i materiali di scarto delle lavorazioni industriali, altri dei cantieri edili; altri ancora intervengono su oggetti fuori moda o fuori uso, dagli elettrodomestici ai vestiti. Recupero e  reinvenzione sono il loro talento  e quando decostruiscono, fondono, sezionano o semplicemente spostano il senso di una cosa o di una materia  utilizzandola in un modo imprevisto contribuiscono a guardare al mondo con  ironia, cura (delle cose, dell'ambiente, di sé), criticità e tolleranza . Con i loro manufatti proclamano originalità e unicità  e offrono vie di scampo in un mercato spesso conformato per gusto  o  di difficile accesso per  i prezzi a cui sono venduti i prodotti di design  più ricchi di ricerca.

Si autoproducono, autopromuovono e autocommercializzano e contribuiscono di tasca propria  a creare quell'interesse alla manualità che nei giovani scarseggia; rendono contemporaneo il mestiere artigiano rendendolo attraente alle nuove generazioni.

Non si sentono Artisti, né inseguono  il capolavoro, aderiscono all'idea di lavoro, di processo aperto, di ricerca, di oggetto comunicante e , come dice Pablo Echaurren  che li chiama p-Artigiani ( Impala l'arte, edizioni Intra Moenia) " sperimentano modi di fare, di usare le mani e la testa senza montarsela, senza zompare in cattedra, artefici capaci di interagire con l'ambiente circostante e di interferire con il gusto corrente”. 

ARTIGIANATO DESIGN AUTOPRODUZIONE
Artigianato Metropolitano
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